Parrocchia di Mestrino

comunità parrocchiale di S. Bartolomeo Apostolo in Mestrino

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La visita pastorale di Modesto Farina

Il vescovo Modesto Farina fa la sua visita pastorale nella parrocchia di Mestrino il 1° giugno del 1824; nella circostanza si ebbero 202 comunoni e 130 cresimati.

Dal diario della visita risulta che la popolazione era composta da 940 abitanti (468 maschi e 472 femmine), di cui 348 ammessi alla comunione (308 maschi e 340 femmine). La sanità era assicurata da una medico chirurgo, Giuseppe Graziani, «libero per li benestanti, condotto per i poveri», e da una levatrice abitante a Lissaro. L'istruzione era garantita da una Scuola comunale «col metodo in corso»; «il numero de' suoi scolari varia spessissimo».

Il principale luogo di culto era la chiesa parrocchiale, titolata a san Bartolomeo apostolo, di cui si dichiarava ignota la data della fondazione, riedificata e consacrata il 26 maggio 1708, comprendente quattro altari con relative immagini di s. Bartolomeo, della B. Vergine del Rosario, di s. Antonio di Padova, e di s. Bovo, due confessionali, un pulpito, un campanile con due campane e un cimitero «poco distante dalle case (...) all'intorno della Chiesa». C'era anche un oratorio pubblico dell'Adorazione dei Magi, di proprietà della famiglia Rigon, in cui veniva celebrata una messa quotidiana a partire dal testamento Maffei del 1690.

Lo stato patrimoniale della parrocchia aveva un attivo di lire italiane 828:03:3 e un passivo di lire 402:06; gli altari erano mantenuti con offerte raccolte dentro e fuori di chiesa; la fabbriceria aveva una amministrazione non conforme all'ordine voluto dai regolamenti allora vigenti.

L'unica associazione attiva era la Confraternita del Santissimo, con regolamenti già approvati dall'autorità ecclesiale e civile.

La situazione degli archivi era alquanto variegata: gli “stati d'anime” erano registrati dal 1822; i libri canonici dei battezzati, dei matrimoni e dei morti venivano tenuti dal 1649, quello delle pubblicazioni matrimoniali dal 1805 e quello dei crsimati dal 1813; i libri civili dal 1816; c'era inoltre una copia della polizza del beneficio ecclesiastico del 1797 e del «catastico» esistente in curia sui fondi soggetti a decima.

I sacerdoti erano tre: il parroco, Vincenzo Spinelli da Venezia, di anni 50; il cappellano, Gio. Batta Candotti, nato a Caneva di Tolmezzo, di anni 46; il mansionario dell'oratorio Rigon, Giovanni Miotti da Sandrigo, di anni 57. Una nota manoscritta del vescovo stesso, in data 2 giugno 1824 (il giorno successivo alla visita), avverte: «Attualmente il parroco Spinelli si è rimosso volontariamente dalla Parrocchia dietro la volontà del sottoscritto vescovo e vi si trova in qualità di vicario Parrocchiale il destinato sacerdote Colpi».

In merito alla vita religiosa e morale, la relazione della visita pastorale riporta che le messe d'obbligo erano quelle risultanti dalle caselle dei defunti, dai devoti, dai funerali e dai legati; le devozioni comprendevano tutte le funzioni comuni alle chiese parrocchiali; in particolare, il 2 gennaio c'era la benedizione degli «armenti» e il 30 maggio la benedizione del «tempo»; quanto alle indulgenze, non c'era alcun dato. Il catechismo veniva insegnato ai fanciulli nella parte della chiesa destinata agli uomini e alle fanciulle nella parte destinata alle donne; i fanciulli erano 96, le fanciulle 114, i maestri 12, come le maestre. «Gli adulti d'ambo i sessi s'istruiscono dal Parroco o dal Cappellano con domande e risposte circa tutte quelle cose che formano il Corpo della Dottrina cristiana».

Osservazioni sul popolo: «Due scandali qui regnano bisognevoli d'efficace riparo. Il 1° s'è che anche nel tempo delle Feste comandate dedicato alle sacre Funzioni s'accoglie (...) liberamente dai venditori di vino chiunque vuol passarsela nelle loro taverne; il 2° s'è che nel tempo accennato si formano dagl'uomini dei circoli di conversazione sulla pubblica strada, ed in vicinanza, anzi anche dirimpetto alla Chiesa piuttosto che entrarvi. Quanto ad altri disordini non se ne conoscono di pubblici almeno abitualmente, e di privati v'è quello, ch'alcuni pochi vivono lontani dai Sagramenti di precetto. Di questi accidiosi si sospende la distinta dichiarazione colla speranza, che nel cor(rente) tempo pasquale possano ravvedersi».

Le disposizioni conclusive del vescovo sono molto precise: «La Fabbriceria si darà merito, 1° d'indicare i motivi della omissione (da vent'anni circa), delle Messe derivanti dal Legato Dogo, - 2° di sollecitare e rassegnare dall'Ufficio competente i consuntivi dei 4 ultimi anni, - 3° di sistemare l'amministrazione in guisa analoga ai Regolamenti civili». Inoltre, «il sr. Vicario foraneo anche in nome della Superiorità Vescovile rappresenti al competente Ufficio Politico la necessità di far rispettare nelle feste gli atti del pubblico culto col punire chiunque in tempo di questi frequenta le bettole o altre radduzioni, e chiunque le tiene aperte».

Bibliografia
“La visita pastorale di Modesto Farina nella Diocesi di Padova (1822-1832)” a cura di Pio Pampaloni.